Quell’amore malato chiamato gelosia

La cronaca quotidiana non ci risparmia mai, purtroppo devo dire, notizie di sangue “legate” (e qui le virgolette sono d’obbligo!) ad un Amore malato. Complici anche i media, infatti, la nostra cultura crede ancora che l’Amore comprenda tutti quei comportamenti di controllo e possessione del partner, i quali, spesso, sfociano in gravissime limitazioni della libertà personale. Dell’Amore abbiamo già parlato nell’articolo precedente. Qui, ci soffermeremo insieme sulla gelosia, sperando di suscitare un momento di riflessione.

Cos’è la gelosia?

E’ quel sentimento che viene fuori quando manchiamo di sicurezza in noi stessi. Ci vuole molta consapevolezza di sé, infatti, quando si inizia una relazione, qualsiasi essa sia. La gelosia, automaticamente ma non sempre, potrebbe portare al possesso e, quindi, al controllo morboso del partner. Ed ecco che si manifestano atteggiamenti che intossicano il rapporto, fino a causarne la fine. Stiamo parlando del controllo costante del telefono, con conseguente invasione della privacy; degli appostamenti, della negazione di instaurare e/o coltivare altri rapporti sociali (amici, amiche, fino ad arrivare, addirittura, ai familiari), al divieto assoluto di fare altre attività non condivise con il partner e di frequentare certi posti, come le palestre, ad esempio; o di usare un determinato tipo di abbigliamento. Il tutto per evitare qualsiasi contatto con altri, credendo così di prevenire fantomatici tradimenti. Si crede, sbagliando, che controllare il partner sia il modo più efficace per non farsi cornificare. Cosa assolutamente non vera! L’effetto, infatti, è esattamente l’opposto!

Il tradimento scaturisce da una serie di fattori: la mancanza di dialogo, l’accontentarsi, l’accettare alcuni comportamenti irrispettosi o violenti. Quindi, si cerca altro… E la facilità di contatti che danno i social, permette di cercare – e di trovare – quell’altro di cui abbiamo bisogno: voglia di evasione, di essere capiti, di sentirsi completi, di farsi dire ancora quanto siamo belli, di sentirsi corteggiati e via dicendo.

Mi rendo conto che bisogna avere equilibrio e grande consapevolezza di sé, per cominciare a pensare di accettare totalmente una persona per quello che è e, quindi, amarla davvero. Molto spesso, però, siamo talmente insicuri e privi di un equilibrio, che ci agganciamo alla prima persona che pensiamo ci dia attenzioni, proprio per sentirci “completi”. Sbagliando!

Pertanto, sembra abbastanza chiaro e logico il motivo per cui molte persone, decidano di non cambiare il loro status di single. Proprio per quello che ho scritto finora, avere un rapporto serio e duraturo non è semplice! Abbiamo praticamente tutto e non accettiamo l’idea di “caricarci” un caso umano da aiutare o, semplicemente, una persona ci limiti.

Amore è completarsi, avere rispetto di entrambi, dei propri spazi, dei propri momenti, delle proprie scelte, delle proprie vite. La concezione che hanno in troppi, invece, non lascia spazio a quanto detto sopra. E’ sempre più usuale, infatti, trovare persone, soprattutto in età adulta, che non accetterebbero mai una limitazione della propria libertà conquistata e, quindi, decidono semplicemente di stare da “sole”. La solitudine non sempre è una condizione negativa, quando una persona si conosce, si accetta e sa quello che vuole. Diventa, quindi, l’unica via quando non si trova quello che si vuole. Semplice!

Essere single è dunque una forma di difesa? È possibile: una difesa dei propri spazi e di quello che si è diventati, probabilmente. Ma, anche, di sé stessi. E’ molto comune, purtroppo, l’abbandono, da parte della persona per la quale proviamo interesse, quando scopre che siamo stati colpiti da una particolare patologia debilitante. E’ il caso del cancro o della sclerosi multipla, ad esempio, due malattie che limitano i rapporti sociali e le attività, a causa di dolori e di varie sintomatologie, fisiche e psicologiche. E’ da condannare chi, dopo essersi guadagnato la fiducia di queste persone speciali, sparisce nel nulla, lasciandole da sole a leccarsi le ferite dell’ennesima delusione. Da un lato lo capisco: bisogna essere molto forti, sensibili, empatici per stare accanto ad una persona, la cui Signora Vita ha deciso di sottoporre ad una prova così dura. Invece, la maggior parte delle persone, non riesce a donare un pezzettino di sé, pensando che i propri spazi siano nettamente più importanti. E questo non è sano egoismo!

Da quello che leggo, sento e vedo, non escluderei una vera e propria educazione all’Amore. Oggi, più che mai, si ha bisogno di capire noi stessi e, quindi, la modalità di approccio verso gli altri, con il giusto rispetto. Troppo spesso si fraintende l’Amore con sentimenti malati e privi di fondamento. Iniziando dalle famiglie e coinvolgendo le scuole, attraverso percorsi psicologici, si potrebbero aiutare bambini e ragazzi ad affrontare i loro traumi e capire cosa significa rispettare gli altri. Fondamentalmente, alla coppia malata manca questo. Il rispetto, verso di sè – per prima cosa – è la miccia che avvia tutto.

Per tutto questo si è single. Per questo e tanto altro!

Mentre gli adolescenti sono perennemente innamorati della concezione di Amore e di ciò che ne scaturisce, dopo i 30 anni iniziamo a realizzare che, forse, la sola idea platonica di Amore non basta. Le favole, quelle che ci raccontano da piccini, fondamentalmente lasciano spazio ad una realtà fatta di altro. E, con quella realtà, devi farci i conti tutti i giorni! Se riesci a trovare l’altra metà della mela, le cose diventano sicuramente più semplici. E così dev’essere! Ma se, invece, l’altra metà della mela deve rendere il tutto più difficile, allora meglio esser soli e crearsi un equilibrio su quello che si ha. L’Amore deve far crescere; dev’essere qualcosa di bello. Deve provocare la sensazione di avere le “farfalle nello stomaco”, che tutti sogniamo. Deve far svegliare con il sorriso ed addormentare con la voglia di sognarlo. Deve avere la voglia di viverlo. Deve scombussolare.

Il resto è solo fuffa!

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